Lasciarsi abbracciare dalla Tristezza
La tristezza è un’emozione poco riconosciuta nella sua valenza “positiva”.
Si tende a sfuggire alla tristezza come qualcosa di estremamente negativo ed inutile che, facilmente, può farci precipitare in un abisso.
Così ricorriamo a distrazioni, iperattività, sfuggiamo alla solitudine o ci rifuggiamo nei social nework…
Eppure, se tale emozione esiste, avrà pure una sua funzione…la tristezza ci rende introversi, più proiettati verso noi stessi, più isolati dagli aspetti sociali, è uno sguardo accentuato verso l’interno, un’opportunità di “chiudersi in se stessi” ed accorgersi di ciò che sta accadendo.
Ogni emozione è un’opportunità quando riusciamo a “stare con” quell’emozione ed i relativi contenuti di pensiero, osservando e non alimentando catene distruttive.
Ad esempio, la tristezza o la melanconia, in un giorno di pioggia, possono permettermi di stare rannicchiata sotto le coperte e sentire e pensare che cosa sta accadendo nella mia vita in questo momento, posso entrare in contatto con ciò che di bello sto coltivando e con i bisogni che invece non trovano spazio, posso avere degli insight sulla direzione che il mio Sé mi suggerisce ed osservare quanto spazio realmente gli sto dando nella mia vita o come eventualmente correggere il tiro.
Il contatto con la mia tristezza, mi può informare su quanto non sono in contatto e aderente alle mie direzioni interne autentiche e può darmi delle informazioni su cosa c’è da cambiare per smettere di ostacolare la piena realizzazione del mio Sé autentico. Così, quando l’emozione è svanita o si è affievolita e il mio umore è nuovamente cambiato, posso fare tesoro di quelle informazioni e portarle sul piano dell’azione.
Se, al contrario, invece di stare semplicemente in osservazione e a contatto con la mia tristezza e le informazioni che mi può fornire, la alimento…può accadere che scivoli in depressione.
I pensieri, così come le emozioni sono, per natura, passeggeri, se non li alimentiamo con i circuiti cognitivi cui siamo abituati ad agganciarle, svolgono da loro funzione e poi svaniscono entro un minuto e mezzo.
A proposito, è interessante ciò che scrive la Dr.ssa Jill Bolte Taylor, laureata a Harvard, neuroscienziata e ricercatrice universitaria, nel suo libro “La Scoperta del Giardino della Mente” (2009), a seguito di un ictus:
“Prima dell’ictus pensavo di essere un prodotto del mio cervello e non avevo la minima idea di poter decidere come reagire alle emozioni che sorgevano dentro di me. A livello intellettuale mi rendevo conto di poter monitorare e indirizzare i pensieri cognitivi, ma non avevo mai ritenuto di poter avere una qualche voce in capitolo su come percepire le emozioni. Nessuno mi aveva mai detto che, a livello biochimico, bastano novanta secondi perché un’emozione che si è impossessata di noi lasci la presa”.
Quindi, dato che la durata naturale di un’emozione (la media temporale che richiede per muoversi attraverso il sistema nervoso e il corpo) è solo di un minuto e mezzo, solo novanta secondi, successivamente, abbiamo bisogno di pensieri per mantenere attiva l’emozione.
Dunque, se ci chiediamo perché rimaniamo rinchiusi in stati emotivi dolorosi come l’ansia, la depressione, o la rabbia, non dobbiamo cercare molto oltre l’incessante flusso del nostro dialogo interiore (L’opportunità del “Quarto di secondo magico” Tara Brach, 2015).
E’ possibile, quindi, scegliere di riappropriarsi del “contatto sano” con le proprie emozioni, comprese quelle “negative”, scegliere di non opporci alla funzione che naturalmente sono chiamate a svolgere, godere delle infomazioni che questa persistenza di contatto può fornirci e portarle poi sul piano concreto dell’azione; è possibile scegliere di non alimentare i circuiti di pensiero che fanno si che, la normale durata dell’emozione di un minuto e mezzo, si protragga ulteriormente, per giorni o settimane, grazie alle catene di pensiero che noi costruiamo attorno alla semplice emozione, che per natura è passeggera.
Posso scegliere di lasciarmi abbracciare dalla tristezza e poi lasciarla andare…
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Non sapevo che in un minuto e mezzo a livello biochimico una emozione si dissolve . É importante secondo me avere questa consapevolezza perché così sappiamo che tutto ciò che avviene dopo nella nostra mente è solo il frutto dei nostri pensieri , quindi basterebbe non alimentarli per uscire da un circuito di malessere .